Diego “SuperCafone” Simeone, Cristiano “Er Monnezza” Ronaldo e lo sconcertante giustificazionismo che li circonda.
Mi raccomando: minimizziamo, parliamo di sfottò e goliardate, giustifichiamo in nome della trance agonistica, teniamo la parte dell’uno o dell’altro a seconda della fede calcistica, facciamoci su una bella risata e passiamo rapidamente oltre. Sia mai di disturbare troppo il dio pallone e il sistema calcio.
Scusate, ma ci chiamiamo fuori: i gesti di Diego “SuperCafone” Simeone e Cristiano “Er Monnezza” Ronaldo fanno schifo. Anzi no, scusate, vogliamo scendere al loro livello: fanno vomitare. E andavano puniti molto ma molto severamente.
Ci sarebbe da fare un leggero distinguo a dire il vero, perché un conto è girarsi verso i propri supporter e “mostrare” zoticamente gli attributi (Simeone), ben altra faccenda è invitare i tifosi avversari a dedicarsi controvoglia a una pratica sessuale (Ronaldo).
Oltretutto Cristiano, una curiosità: quanti anni hai? Due? Simeone ne ha quattro, “mostra” la mercanzia al termine della gara d’andata e tu – pappappero – ti “vendichi” al termine della gara di ritorno? Nemmeno ci hai dormito su, premeditando la “vendetta”? Specchio riflesso. Tana libera tutti. Un, due, tre, stella. Giro-girotondo.
Ci sono i ragazzini che guardano (ci fermiamo qui sull’argomento, vi evitiamo il pur sacrosanto pippone moraleggiante), ma ci sono anche dei “mica normali” che vanno allo stadio per fare la guerra, per accoltellarsi, per trovare un pretesto per menare le mani. E quelli offerti da SuperCafone ed Er Monnezza erano ottimi pretesti.
Quindi andremmo molto ma molto cauti ad archiviare il caso con un “può starci”, o a tirare in ballo pressioni e offese cui sarebbero stati sottoposti i due milionari (in euro) di Atletico Madrid o Juventus. Sfatiamo una leggenda: la trance agonistica non esiste; la trance agonistica – che “obbliga” a tirare una gomitata o ad offendere pesantemente – è l’essenza della persona, smascherata dallo stress. Semplicemente la tensione fa uscire pari pari la vera natura.
Poi passateci una considerazione più lieve (mica tanto): questi intelligentoni…sanno di essere ripresi da ottocento telecamere, e non resistono all’impulso di dare libero sfogo al loro dna di maleducati. Sono solo maleducati o anche poco furbini (eufemismo)?
L’inevitabile tassa da pagare al “richiamo” della preparazione.
Succede questa cosa. Alla ripresa del campionato, dopo una lunga pausa, molte squadre pagano dazio – in termini di cattivi risultati – al “richiamo della preparazione”. Che per chi non mastica di calcio significa semplicemente che durante la pausa viene fatto qualcosa di simile, da un punto di vista fisico, a quanto fatto nel corso della preparazione estiva. Un duro lavoro sulle gambe dei giocatori che magari costerà qualcosa nell’immediato, ma servirà per arrivare al top in primavera, quando si decidono i campionati, giusto per non farsi mancare nulla in tema di luoghi comuni calcistici. Questo lo scopo del “richiamo”.
Ora: per una squadra dilettantistica può essere una situazione comprensibile.
Ma possibile non ci sia modo di fare diversamente nel mondo professionistico? Possibile non si riesca – visto anche l’elevato numero di calciatori a disposizione – ad avere sempre e comunque vicino al top della condizione almeno una parte dell’organico, da mandare in campo? Tutto si evolve, tutto migliora. Possibile la preparazione fisica nel 2019 debba ancora pagare dazio all’inevitabile “richiamo”? E in ogni caso: non dovrebbe valere per tutte le squadre? Forse alcune non fanno il “richiamo”? E’ per questo che sono più brillanti alla ripresa del campionato? Forse allora ci sono preparatori bravi e preparatori meno bravi? La buttiamo lì: non sarà invece che dopo la pausa c’è chi si ripresenta sul pezzo e chi, invece, con la testa ancora in ferie, a prescindere dal “richiamo”?
(fine sesta puntata)