
Una raffica di diffide contro l’applicazione del Jobs Act nelle aziende reggiane, circa 900 lettere partite dalla Fiom Cgil di via Roma all’indirizzo di 664 aziende che occupano 31.200 lavoratori e che coinvolge 7 associazioni imprenditoriali (Unindusttia, Confimi, Legacoop, Confapindustria, Unione coop, Cna e Confartigianato) oltre a 128 tra consulenti e studi professionali.
La prima azione di carattere contrattuale con la quale si chiede alle imprese di non applicare unilateralmente le nuove norme, in particolare quello che riguarda la tutela contro i licenziamenti arbitrari, individuali o collettivi, il controllo a distanza dei lavoratori e il demansionamento.
La risposta del principale sindacato, la Cgil che vanta circa il 90% degli iscritti reggiani non si è fatta attendere. Al presidente di Unindustria Reggio Mauro Severi, i vertici del sindacato hanno risposto: “cancellare il diritto al reintegro ad un lavoratori cacciato illegittimamente non è incapacità di dialogo ma tutela di un diritto basilare”.
Per la Fiom la riforma renziana del lavoro si configura come un “condono” per le aziende che licenziano illegittimamente perché cancella la sanzione per gli imprenditori. Da qui la richiesta di riapertura di un tavolo, azienda per azienda.
Nel frattempo i numeri sulla disoccupazione e il precariato forniti dalla Camera del Lavoro di Reggio confliggono totalmente con quelli a livello nazionale. Nessuna ripresa, anzi una disoccupazione che nei primi mesi 2015 è aumentata di quasi il 10% sul nostro territorio rispetto al 2014.
Giancarlo Gamberini / 17 Settembre 2015
Già il merito delle pretese FIOM tradisce l’assoluta ostilità a tutti i tentativi di modernizzare le regole che governano il mercato del lavoro,ma ciò che emerge con maggiore evidenza è l’incredibile presunzione in base alla quale questi si ritengono gli esegeti ufficiali nell’intepretazione delle norme costituzionali e coloro che possono decidere se una legge dello Stato vada applicata o meno!
Paradossale.
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