HomeAttualitàSpese pazze in Regione, Bonaccini archiviato

Spese pazze in Regione, Bonaccini archiviato

Stefano Bonaccini ha ottenuto l’archiviazione nell’ambito dell’inchiesta sulle spese pazze. Motivo: mancano elementi sufficienti per dimostrare una eventuale distrazione di denaro pubblico. A sei mesi esatti dal suo coinvolgimento nella maxi inchiesta per peculato sulle presunte spese fuori controllo in Regione Emilia-Romagna, il presidente esce definitivamente dalla vicenda giudiziaria che ha travolto l’intero consiglio della passata legislatura.

Come richiesto dalle pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, titolari dell’inchiesta, il giudice Domenico Panza ha archiviato la posizione del governatore cui inizialmente erano state contestate spese non inerenti la sua attività di consigliere per circa 4mila euro, la maggior parte delle quali (3.902,60) relative a ristoranti.

L’archiviazione  “è una prima conferma alla correttezza dell’impostazione della Procura, che ha sempre distinto le diverse posizioni tra gli indagati”. Lo dice il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, delegato ai rapporti con la stampa.

Bonaccini aveva appreso d’essere stato iscritto nel registro degli indagati per peculato sul finire dell’estate insieme a Matteo Richetti, il principale sfidante per le primarie del Pd. L’allora segretario regionale del Pd chiese e ottenne d’essere interrogato a tempo di record per spiegare la natura di quelle spese, per la verità esigue rispetto a tanti suoi colleghi, anche di partito, che sedevano in consiglio regionale. Immediata, subito dopo, l’istanza di archiviazione. Le motivazioni del giudice Panza ricalcano il ragionamento fatto dai magistrati nella richiesta di archiviazione.

I pm hanno stigmatizzato l’assenza di giustificazione rispetto alle ricevute dei ristoranti, obbligo cui Bonaccini era sottoposto, ma questo elemento non è stato ritenuto sufficiente per sostenere un processo, anche perché nessuna altra indagine avrebbe colmato quel vuoto probatorio.

Bonaccini dovrà comunque fronteggiare la presumibile offensiva della Corte dei Conti che contesta, a lui e a tutto il consiglio regionale, un danno erariale causato alle casse pubbliche per le spese del 2012, ritenute slegate dall’attività del gruppo di riferimento. Una cifra di poco superiore ai tremila euro contenuta negli inviti a dedurre notificati la scorsa estate. Fatti per i quali i capigruppo dell’epoca hanno subito il sequestro di beni e rendite per 1,2 milioni di euro.

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