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Nonostante la crisi cresce l’imprenditoria femminile

L’imprenditoria femminile in Emilia-Romagna registra un andamento stabile tra 2009 e 2013, contrariamente alla lieve flessione che fa registrare il dato nazionale. A sorpresa, i settori in cui cresce sono quelli tradizionalmente dedicati al mondo maschile come manifatturiero, costruzioni, trasporto e magazzinaggio.

Sono elementi che emergono dall’indagine sulla condizione dell’imprenditoria femminile  presentata in commissione regionale Politiche economiche e Pari opportunità. Un’indagine che fa il punto sulla situazione delle aziende guidate da donne negli ultimi 10 anni. Ad oggi, su 5,1 milioni di imprese in Italia, 1,1 sono a conduzione femminile. In Emilia-Romagna su 410mila, le femminili sono 82mila.
Il quadro che viene tracciato, nel raffronto tra la dinamica nazionale e quella emiliano-romagnola, rivela una consistenza numerica sostanzialmente stabile delle imprese femminili in regione a fronte di un dato nazionale negativo (-1%).

In particolare, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, nel periodo 2009-2015, a parte la sofferenza dei settori dell’agricoltura (tasso di femminilizzazione a -0,3%), del commercio (-0,1%) e agenzie di viaggio, servizi alle imprese (-0,8%) e la stabilità del settore intrattenimento, sportive e artistiche (0%), crescono tutti gli altri settori: manifatturiero (+0,6%), costruzioni (+3,8%),  trasporto e magazzinaggio (+3,2%), servizi di alloggio e ristorazione (+0,4%), servizi di informazione e comunicazione (+0,3%), attività finanziare e assicurative (+0,7%),  attività immobiliari (+1,1%), attività professionali, scientifiche e tecniche (+0,8%), sanità e assistenza sociale (+0,1%).

Tra il 2000 e il 2010, l’Emilia-Romagna è stata tra i contesti più attivi nella promozione di azioni concrete per le politiche di conciliazione. La Regione, attraverso le leggi regionali 2/2003 e 12/2003 e i finanziamenti del Fondo sociale europeo, ha sostenuto numerosi progetti indirizzati a rimuovere gli ostacoli che le donne incontrano nel mondo del lavoro e a promuovere soluzioni organizzative per favorire la conciliazione dei tempi: due leve importanti verso una maggiore occupazione femminile e una effettiva parità.

In conclusione l’indagine individua quattro direttrici per future politiche di promozione dell’imprenditoria femminile: ampliamento e maggiore accesso agli strumenti di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita; l’investimento sul digitale (telelavoro, smartworking); il rafforzamento della rete dei servizi sul territorio o per ampliare le politiche a sostegno delle famiglie; un ambiente favorevole alla nascita e alla crescita delle imprese femminili, a partire dalla scuola e la comunità.

La ricetta per potenziare la crescita dell’economia globale, facendo salire di un quarto la produzione mondiale, secondo la ricerca consiste nella riduzione della disuguaglianza di genere fino ad arrivare a una completa parità tra donne e uomini. E per quanto riguarda le posizioni di vertice, ogni 30% in più di donne presenti tra le fila manageriali corrisponde al 15% in più nella profittabilità espressa come margine netto. Sono i risultati indicati da indagini recenti della Wharton School (Università della Pennsylvania) e dal McKinsey Global Institute (società internazionale di consulenza manageriale).
L’area Ue tuttavia è ancora ben al di sotto dell’obiettivo fissato al 75% di occupazione femminile nella strategia Ue2020. A ostacolare la spinta verso la parità è il carico di cura della famiglia, ancora fortemente sbilanciato verso la donna, e il divario retributivo di genere ancora molto alto.

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