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Il Monte di Pietà di Reggio (II)

EPSON DSC pictureA Reggio Emilia il Consiglio generale della Città deliberava, il 21 marzo 1494, la fondazione del Monte, e il duca Ercole d’Este, con decreto dell’8 ottobre di quell’anno, approvava l’istituzione.

Fin dall’inizio furono fissate alcune regole fondamentali: il Monte era retto da cinque religiosi scelti dal Vescovo, e da otto laici eletti dal Consiglio; i tredici eleggevano un depositario, che pagava sui pegni fino a metà del loro valore; finito l’anno, si vendevano al miglior offerente i pegni non riscattati, sul ricavato si tratteneva solo la sorte, e il sovrappiù si rendeva al debitore.

Per provvedere alle spese il Monte percepiva solo il 5%, anche se il pegno non riscosso andava all’asta; inoltre, a fine d’anno, se il denaro non bastava si suppliva con la somma dell’anno successivo, mentre se ne sopravanzava, l’eccedenza veniva divisa pro rata fra i non solventi. L’istituto fu eretto col contributo del Collegio dei notai, del Comune e con la concessione in uso gratuito di tre stanze nel vecchio Palazzo Comunale. Il primo Statuto venne poi pubblicato con atto solenne il 5 dicembre 1494, e confermato nel 1601 dal duca Cesare.

Nel 1538 Jacopo Roberti de Luca impose con apposito lascito che il prestito fosse gratuito. Con l’accrescersi del patrimonio del Monte si allargò il limite del prestito gratuito: nel 1556, quando era di quattro ducati, si ridusse a dieci lire reggiane, ma crebbe poi fino a 100 lire, e tale rimase fissato da tutti gli statuti. Nel 1768 fu aperto il Monte fruttifero, e il prestito divenne oneroso entro limiti prefissati che variarono nel tempo.

L’Istituto comunque, fin dalla metà del sec. XVI, assumeva sempre più le funzioni di istituto di credito: riceveva depositi a custodia e ad interesse, faceva mutui a interesse, eseguiva operazioni bancarie, teneva corrispondenza d’affari con altre piazze, e fino alla legge del 17 maggio 1863, n. 27, sulla Cassa Depositi e Prestiti, fungeva da Cassa dei depositi giudiziali e stragiudiziale. Nel 1776, in conformità del chirografo sovrano di quell’anno, l’amministrazione del Monte passò alla Congregazione generale delle Opere pie, retta da sei presidenti: tre amovibili (podestà, priore, sottopriore della Comunità), e tre scelti dal duca stesso.

Nel 1789 Ercole III sciolse la Congregazione e raggruppò le Opere pie cittadine in tre sezioni: il Monte fu unito ad altre istituzioni (Catecumeni, Trinità, Esposti, Manicomio di S. Lazzaro, Casa di Carità, Rifugio), e costituì la prima sezione, cui erano preposti sette presidenti.

Con l’avvento della Repubblica cispadana (1796) fu di nuovo cambiato l’assetto delle istituzioni di beneficenza, e il Monte passò sotto l’amministrazione della Commissione generale delle Opere pie, composta da cittadini di nomina comunale. Il 5 settembre 1807, in conformità alle leggi dal Regno d’Italia, fu istituita una Congregazione di Carità unica, e il Monte andò a far parte degli istituti elemosinieri. La Congregazione era retta dal prefetto in qualità di presidente, dal vescovo, dal podestà e da sei cittadini scelti dal podestà; la Congregazione eleggeva poi la Commissione speciale delle tre sezioni, deputando due dei suoi membri per ciascuna. Alla Restaurazione, il duca Francesco IV sciolse con decreto del 5 dicembre 1814 la Congregazione di Carità, e diede, con altro decreto del 5 gennaio 1815, ad ogni Istituto un’amministrazione propria, composta da un presidente e due consiglieri di sua nomina, eliminando così l’intervento in tale ambito dell’amministrazione comunale.

Fu quindi ricostituita l’amministrazione del Monte, alla quale dal 1852 fu aggiunta quella della Cassa di Risparmio; la Cassa ereditava le funzioni svolte fino a quel momento dal Monte in materia di depositi e operazioni bancari. Dopo il 1859 si provvide a un nuovo assetto delle Opere pie; in seguito a ciò, con decreto luogotenenziale del 29 dicembre 1860 il Monte, la Cassa di Risparmio, le Scuole e Casa di Carità per fanciulle e l’Asilo.

Con la legge 4 maggio 1898, n. 69, fu data ai Monti una spiccata il proprio intervento all’economia agricola della provincia, con operazioni sopra depositi di grana reggiano, che comportarono la costruzione di appositi magazzini per la custodia del formaggio. In tale occasione il Monte si diede un nuovo statuto, approvato con r. decreto l’8 febbraio 1903. Nel 1906 l’Istituto era in grado di compiere queste operazioni: 1) accettava in pegno oggetti preziosi e di varia natura con valore commerciale, formaggio grana e altri del debito pubblico o garantiti dallo Stato, titoli al portatore industriali e commerciali quotati in Borsa; 2) riceveva depositi a custodia; 3) assumeva il servizio di cassa per i Corpi morali o meglio le persone giuridiche. 4) concedeva mutui ipotecari a lunga o breve scadenza su immobili, e poteva ricevere depositi a interesse.

Nel 1923 il regio decreto n. 1396 distinse i Monti di Pietà in due categorie, assegnando quello di Reggio alla prima: se ciò non fosse avvenuto, esso sarebbe stato ascritto fra le Opere pie, e impossibilitato quindi a continuare le operazioni di credito agrario, poiché aveva in comune l’Amministrazione con la Cassa di Risparmio. Le funzioni di Monte e Cassa vennero sovrapponendosi e completandosi, finché si giunse ad una netta prevalenza della Cassa, che culminò nell’assorbimento per fusione del Monte di Credito su Pegno in base a regio decreto del 23 ottobre 1930, n. 1715.

FONTI

Andrea Balletti, Il Monte di Pietà in Reggio Emilia

ASRE, Serie 1: As – Statuti 29/01/1601-31/12/1716 La serie è interamente conservata presso l’Archivio di Stato di RE Segnatura M1:. «Statuti et ordini del Santo Monte della Pietà di Reggio», 1601 gen. 29, Reggio Emilia.

Umberto Dallari in «Gli Archivi della Storia d’Italia», a cura di G. Mazzatinti; 1910, serie II, vol. I; pp. 130-132).

A. Savazzi e G. Badini, nel volume Il Santo Monte di Pietà e la Cassa di Risparmio in Reggio Emilia. Cinque secoli di vita civile e di promozione economica e civile a cura di G. Adani e P. Prodi; 1994.

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