
“Eh, caro Gianni: sono tempi così, ma hai visto i capigruppo eletti per acclamazione?”. Risatina bonaria. “Ah, caro Pierluigi, sai che proprio oggi ho riletto, perché me lo hanno mandato, un articolo sulla Stampa di Norberto Bobbio sul congresso di Craxi a Verona. Sai cosa scriveva? Che l’elezione per acclamazione è la morte della democrazia. Bobbio”.
Cosa succede se in Transatlantico un vecchio democristiano di sinistra e l’ultimo segretario della Federazione italiana giovanile dei comunisti italiani si incontrano? Semplice: parlano di Elly Schlein, e dello spirito del tempo. Pierluigi Castagnetti e Gianni Cuperlo sono i portatori delle due culture politiche che hanno impollinato il Pd. Dal centro e dalla sinistra.
“Elly non ha in mente il partito come lo conoscevamo noi, ma una formazione movimentista leggera che risponda colpo su colpo a Meloni sui temi senza forse una strategia ampia”, dice Cuperlo, con il fare garbato e il sorriso nobile da intellettuale mitteleuropeo qual è.
“Mi avevano chiesto di entrare in direzione, ma ho preferito declinare l’invito. I padri nobili possono stare anche fuori, se ascoltati certo”, aggiunge Castagnetti, una carriera che si snoda nella Prima repubblica con don Giuseppe Dossetti e arriva fino a Benito Zaccagnini e Mino Martinazzoli. “Ho parlato con Elly”, dice l’ex Popolare e poi fondatore della Margherita e del Pd. E cosa le ha detto? “Mi sta chiedendo se è stata ricettiva? Non credo, è stata cortese, questo sì. Diciamo che mi ha ascoltato”, riprende Castagnetti, con fare saggio ma anche abbastanza disincantato.
Simone Canettieri – Il Foglio