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Lingua italiana: quando la Perfida Albione ti straccia il…

Non capisco: cosa vi ha fatto di male la lingua italiana?

Collaboration. L’altro giorno per radio uno spot parlava di “collaboration aziendale”. Collaborescion. Ora: è chiaro che se si arriva a utilizzare collaborescion anziché il praticamente identico collaborazione (cosa ti fa guadagnare dirlo in inglese?) il punto di non ritorno sia stato varcato da un pezzo, come dimostrano del resto i TG quando parlano di guerra e di tank (carrarmato fa schifo?) o di tragedia migranti e rescue team (squadra di salvataggio è banale?).
Non capisco. Perché? Che bisogno c’è?

Top, box office, big, leader, intelligence, magazine, selfie, cash back, project financing, on demand, plug-in, hybrid, made in Italy (“made in Italy”: è fenomenale, è come se gli statunitensi dicessero “fatto negli Stati Uniti”, in italiano), gender, outfit, device, delivery, rider, customer, brand, newsletter, location, governance, smart working, delivery, crowfounding, check, feedback e basta così, che viene il mal di mare.
Crowfounding sarà anche più pratico di “raccolta fondi”, una parola anziché due, ma fa schifo, siamo onesti, a pronunciarlo si attorciglia la lingua.
Che bisogno c’è? Non capisco.

Non è che il cliente, se lo chiami customer, spende soldi (money) più volentieri. O sì? Outfit è indubbiamente affascinante, ma sempre abito/vestito rimane. Poi non affrontiamo nemmeno i linguaggi tecnici di sport, economia o medicina, non se ne esce vivi, in piena pandemia pur essendo chiusi in casa pareva di essere all’estero, fra lockdown, cluster, droplet, drive trough e hotspot.
Davvero, non capisco. La lingua italiana è complicata ma esteticamente non è male, perché mortificarla con job e account vari?
Vien voglia di ripristinare l’autarchia linguistica del Ventennio (eccoci: ha fatto anche cose buone), quando bar era stato abolito e bisognava chiamarlo mescita, il bookmaker altri non era che l’allibratore, l’autogol si chiamava autorete e il cocktail era la bevanda arlecchina.

Ultimo commento

  • … non dico bevanda arlecchina, ma autorete ci sta benissimo. Purtroppo la lingua si evolve e non sempre in meglio. Ci sono parole sparite nell’uso comune che pure sarebbero utili: “abiatico”, ad esempio, è nipote di nonno e sarebbe utile per distinguerlo da nipote di zio. Anche l’uso del lei non è splendido: se con una persona cui dai del lei parli di sua figlia, quando dici LEI non si sa di chi stai parlando, se di lui o di sua figlia. Poi la colpa è anche dei giornalisti che abusano dei termini stranieri.
    Vabbè, vado in tassì alla mescita per mangiarmi un pantosto e bermi una bevanda arlecchina… Bye bye…